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«Complimenti! Sembra un von Nagel!»
«von Nagel sono io!» mi rispose sorridendo il signor Ciocca.

Ero una giovane diplomata in clavicembalo, la prima in Molise in verità, e avevo saputo che a Riccia, paese dell’entroterra in provincia di Campobasso, c’era un costruttore di clavicembali. Sorpresa della scoperta, decisi di andare a trovarlo.

Mi accolse con un sorriso luminoso. Sua moglie Rosa mi invitò a entrare nell’ampio soggiorno dove, al centro, troneggiava un bellissimo strumento. Azzurro, con la cassa armonica sapientemente decorata, come d’uso per tutti gli strumenti copia di originali francesi: dal somiere alla coda si susseguivano serti di fiori delicati in azzurro, rosa e bianco; poggiato su sottili e torniti piedi, azzurri anch’essi, con scanalature in oro; due tastiere in legno di ebano. Era un meraviglioso copia Blanchet 1730.

Lo sgabello, in tinta con lo strumento, mi invitava a sedermi per poterlo provare. Ricordo di aver suonato Les Barricades Mystérieuses di François Couperin; alla fine dissi la famosa frase «Complimenti! Sembra un von Nagel!», poiché a Salisburgo, dove stavo seguendo i corsi di perfezionamento con il Maestro Kenneth Gilbert, si utilizzava per le lezioni uno strumento del costruttore parigino, molto simile, per tipologia costruttiva e per il bel suono, a quello su cui avevo appena poggiato le mani. «von Nagel sono io!» fu la risposta divertita che mi lasciò sorpresa e incuriosita.

Il signor Ciocca mi spiegò che, da emigrato a Parigi già dal 1965, grazie al collocamento per l’estero, trovò lavoro nella falegnameria di un italiano; dal 1971, comiciò a lavorare nel laboratorio di Reinhard von Nagel, fin quando questi intraprese una collaborazione con lo statunitense William Dowd, costruttore di clavicembali conosciuto in tutto il mondo.

La grande “innovazione” di Dowd, rispetto alla produzione corrente contemporanea, è stata quella di studiare strumenti antichi e di riprodurli con tecniche tradizionali nel suo laboratorio a Boston, nel Massachusetts e, quindi, a Parigi da von Nagel. Gli strumenti venivano, però, marchiati solo come William Dowd – Paris. Dal 1985, anno in cui Dowd si ritirò dall’attività, il marchio mutò in von Nagel – Paris.

Era Giuseppe Ciocca, in realtà, a fare la maggior parte del lavoro costruttivo, dopo essere stato “istruito” per sei mesi dal capo-bottega della ditta di Boston, approfondendo lo studio degli strumenti antichi per poterli riprodurre fedelmente (von Nagel sono io! mi risuonava nella testa).

Tornato a Riccia, da pensionato, aveva portato con sé uno degli strumenti da lui costruiti, proprio quello che avevo appena suonato; era un dono di Reinhard, per ringraziarlo di tutti gli anni di collaborazione.

La signora Rosa mi raccontò delle difficoltà dei primi anni: non conosceva la lingua, era timorosa di uscire di casa anche per fare la spesa. Aveva solo diciannove anni, si sentiva sola e disorientata in una città grande che le faceva paura.

A Parigi sono nati i tre figli: Marie Laure, Michelle e François, rientrati anch’essi a Riccia già grandicelli.

Mentre si chiacchierava amabilmente, sorseggiando un buon caffè e assaggiando ottimi pasticcini, entrò un ragazzino di tredici, quattordici anni. Salutò, ma scappò via velocemente. «Io esco», disse.

Feci appena in tempo a dirgli: «Pensa a cosa vorrai fare da grande. Hai la possibilità di imparare un mestiere meraviglioso».

François fece spallucce (probabilmente pensò anche Ma questa chi è e che vuole?) e scappò via.

Oggi François Paul Ciocca è tra i più apprezzati costruttori di clavicembali in Italia, conosciuto anche oltre i confini nazionali. A diciotto anni, dopo aver girovagato per l’Europa alla ricerca, forse, di sé stesso, si ferma a Bologna da un amico chitarrista che lo invita a visitare il laboratorio di un liutaio. È la svolta decisiva. Torna a casa, a Riccia, nel cuore del Molise, e chiede al padre di insegnargli il “mestiere”: costruire clavicembali, questi meravigliosi strumenti dal suono antico e cristallino.

Detto fatto. François, con paziente e appassionato lavoro, giornalmente si impegna con non poca fatica: deve imparare da zero. Difficili gli inizi. Il papà Giuseppe non è mai soddisfatto. François è sinceramente stanco di non sentirsi mai apprezzato. Si beccano continuamente. «A Parigi facevamo così», dice Giuseppe e il figlio sopporta pazientemente. Con caparbietà, però, segue le direttive del padre: impara le giuste proporzioni nel taglio della cassa armonica, la paziente precisione per la lavorazione dei tasti, dei salterelli e l’impennatura degli stessi, per il posizionamento delle corde sul somiere, uno, due, tre registri, a seconda della tipologia dello strumento; per la scelta del legno, che deve essere ben stagionato almeno quindici anni, prende contatti con segherie e falegnamerie per procurarsi quello adatto per ogni parte di un nuovo clavicembalo: tiglio sloveno per la cassa, rovere francese per il somiere, abete della Val di Fiemme per la tavola armonica, il legno di pero per i salterelli, il cipresso toscano per le casse degli strumenti italiani e per quelli più piccoli come le spinette. E ancora, per i tasti una base di tiglio ricoperta di ebano e di osso o bosso, il faggio e il noce per i ponticelli. Per le corde utilizza metallo in varie leghe e spessore. Studia molto per ampliare le proprie conoscenze tecniche: approfondisce appassionatamente tutte le modalità costruttive, si confronta con altri costruttori, studia gli strumenti storici sia attraverso pubblicazioni scientifiche specifiche sia analizzando puntualmente gli originali conservati nei musei, come quello di San Colombano a Bologna, che custodisce i numerosi clavicembali storici collezionati nella sua lunga vita dal Maestro Luigi Ferdiando Tagliavini. A San Colombano, dove per lui le porte sono sempre aperte, François si reca anche per “studiare” il Giusti del 1679, per poi riprodurlo fedelmente in bottega, assieme al Niccolò Albana del 1584, di cui si innamora. Affronta, naturalmente, anche le problematiche inerenti alle varie accordature, o temperamenti, da utilizzare per ciascuno strumento, dall’antico mesotonico al Kirnberger o al Werkmeister. Accontenta, il più possibile, tutti i musicisti che acquistano i suoi clavicembali, venendo loro incontro per particolari richieste o necessità.

Gli strumenti francesi si impreziosiscono di pitture sulla cassa armonica, all’interno del coperchio, sui lati dello strumento, grazie all’arte sapiente di Marie Laure. Oggi, per le decorazioni, c’è il lavoro altrettanto superbo e inestimabile di Irene Genovese.

Per molti clavicembali gli ornamenti sono personalizzati: sullo strumento chiamato Valeria troviamo, sulla cassa armonica, non serti di fiori ma la riproduzione esatta dei tatuaggi di un’amica dallo stesso nome; quello per la cembalista Margherita Porfido è stato decorato con tante deliziose margherite. Qualche altro strumento presenta “cineserie”, come d’uso nella Francia del XVIII secolo, con una precisione certosina nella riproduzione dorata di graziosi uccellini, fiori e alberelli.

Naturalmente, non poteva mancare la costruzione del clavicembalo italiano più importante: Carlo, copia di uno strumento storico conservato nel Germanisches Nationalmuseum a Norimberga, di Carlo Grimaldi, contenuto in una cassa interamente decorata con foglie d’acanto, fiori e uccelli in foglia d’oro; l’uso sapiente del bulino ne ricalca i contorni. Alcuni strumenti vengono ornati con elementi più moderni, come quello che all’interno del suo coperchio riporta un dipinto di Mondrian e il clavicembalo Enterprise 925, interamente ricoperto di fogli d’argento e sostenuto da tre tubi in acciaio.

Giuseppe, un bel giorno, dopo anni e anni di lavoro condiviso, riconosce la bravura del figlio. «Facciamo come dici tu», gli dice, apprezzando anche le novità introdotte nell’uso degli accorgimenti tecnologici per la miglior resa del bel suono.

Da più di trentacinque anni, la ditta Ciocca lavora alacremente. Duecentoventicinque strumenti già costruiti, tra clavicembali italiani, fiamminghi, francesi, virginali, clavicordi, sono disseminati in tutta Italia, anche presso enti e università importanti. Non mancano richieste dall’Austria, dalla Svezia e, da pochissimo tempo, dalla Cina.

Numerosi strumenti di François Ciocca, che ormai lavora da solo poiché il papà purtroppo è venuto a mancare quattro anni fa, sono spesso utilizzati anche per registrazioni e concerti di artisti di chiara fama.

Al lavoro di artigiano d’Arte si unisce quello didattico: su invito dei Conservatòri, tiene laboratori per insegnare agli studenti delle Classi di Clavicembalo la manutenzione ordinaria dello strumento: come cambiare e affinare un plettro o una corda che si rompono; come accordare lo strumento a “orecchio” con il controllo dei battimenti prodotti dalle corde che vibrano; come tenere sotto controllo l’umidità del luogo in cui si trova lo strumento… e tanto altro.

L’ultimo nato nella bottega Ciocca è un clavicembalo tedesco che François ha realizzato ispirandosi a un modello del 1700 di Michael Mietke e a cui ha dato il nome di Reinhard, come Reinhard von Nagel, che ha voluto, così, omaggiare e ringraziare. Nel gennaio dello scorso anno, il Maestro von Nagel è venuto nella bottega di François e ha insistito perché realizzasse ciò che nel suo laboratorio, a Parigi, si tiene ormai da più di cinquant’anni: concerti e Master Class tenuti, in passato, da grandi concertisti come Scott Ross e Kenneth Gilbert, Maestri di una schiera di cembalisti apprezzati che, oggi, continuano a esibirsi in quel luogo meraviglioso. E Campobasso diventa come Parigi: è nato, così, il progetto Musica in Bottega, che ha visto, per il 2023, otto appuntamenti da marzo a dicembre, tutti con sold out; il luogo meraviglioso, l’odore del legno e delle resine, la gentilezza di François che accoglie il pubblico, i musicisti che si esibiscono, il suono sorprendente degli strumenti… creano, in un’atmosfera d’incanto a cui abbandonarsi, momenti di rara, pura bellezza.

Il 24 marzo 2024 è cominciata la seconda edizione di Musica in Bottega.
Per notizie sulla bottega e sui concerti: https://www.facebook.com/Cembaliciocca